OMOSESSUALITA': NO ALLE TERAPIE RIPARATIVE SI' ALLA TERAPIA SUPPORTIVA
16077
post-template-default,single,single-post,postid-16077,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,paspartu_enabled,paspartu_on_bottom_fixed,qode-theme-ver-9.5,wpb-js-composer js-comp-ver-4.12,vc_responsive

OMOSESSUALITA’: NO ALLE TERAPIE RIPARATIVE SI’ ALLA TERAPIA SUPPORTIVA

TERAPIE RIPARATIVE

OMOSESSUALITA’: NO ALLE TERAPIE RIPARATIVE SI’ ALLA TERAPIA SUPPORTIVA

 L’impresa di    trasformare un omosessuale in un eterosessuale non offre prospettive di successo molto migliori dell’impresa opposta” (S. Freud, 1920)

L’omosessualità non è una malattia, nè una scelta: non c’è nulla di rotto, nulla da riparare. Le terapie riparative (o di conversione) sono un metodo psicoterapeutico che mira a cambiare l’orientamento sessuale da omosessuale a eterosessuale, o quantomeno ridurre ed eliminare i desideri e i comportamenti omosessuali.

Le ricerche scientifiche internazionali hanno  rilevato l’inutilità delle terapie riparative, se non gli effetti negativi sull’equilibrio psichico dei pazienti che vi si sottopongono (depressione, bassa autostima, vergogna, difficoltà relazionali, disfunzioni sessuali e tentati suicidi). Il risultato al limite è che i soggetti diventano astinenti nel comportamento sessuale, acquisiscono strumenti per reprimere e dissociare le proprie pulsioni, ma non cambiano certo i loro desideri profondi, l’attrazione affettiva e sessuale che provano. Le terapie riparative sono state dichiarate scientificamente infondate, inutili al cambiamento dell’orientamento sessuale, dannose per l’equilibrio psichico dei pazienti ed eticamente scorrette dalle principali associazioni dei professionisti della salute mentale a livello internazionale (ad esempio l’American Psychological Association nel 2009), e a livello nazionale dall’Ordine degli psicologi italiani (art. 4 del Codice deontologico) e dagli Ordini regionali degli Psicologi.

Vale comunque la pena di dire qualcosa su cosa sono e come (non) funzionano.

I suoi sostenitori ipotizzano che il “danno da riparare” sia avvenuto durante lo sviluppo evolutivo  nella fase di  separazione-individuazione, cioè entro i primi tre anni di vita.  In questo delicato periodo, per il maschio omosessuale  sarebbe avvenuta un’impropria  identificazione con la madre. Identificazione che sarebbe stata   rinforzata successivamente dall’assenza del padre o da una  relazione disfunzionale con il figlio che avrebbe  provocato un deficit di mascolinità ed assertività. Spiegazioni  speculari vengono date  in merito all’esordio dell’omosessualità femminile.

Tralasciamo i  commenti su una teoria  miope e semplicistica che impropriamente si rifà a concetti di derivazione psicoanalitica.

Per far fronte ai desideri e comportamenti omosessuali e incrementare quelli eterosessuali, una psicoterapia di tipo riparativo prevede per esempio: la tecnica della covert sensitization, con cui si insegna al paziente ad immaginare qualcosa di spiacevole per contrastare i desideri omoerotici indesiderati (per esempio contrarre l’HIV); l’uso di sexual surrogates del sesso opposto; la proibizione della masturbazione;  l’incoraggiamento a  frequentare  persone eterosessuali dello stesso sesso; la lettura della Bibbia e la preghiera.

Già da questa sintetica descrizione emerge come le terapie riparative si configurino come interventi direttivi e suggestivi in cui gli aspetti ideologici, morali e religiosi prevalgono su quelli scientifici.

Recentemente le terapie riparative hanno subìto un’evoluzione:  : non si afferma più che l’omosessualità sia una malattia (posizione ormai indifendibile), ma che, se vi sono persone che chiedono aiuto perchè soffrono a causa del proprio orientamento sessuale, prevale il principio di autodeterminazione del paziente.

Ma questo principio non cambia il fatto che le terapie riparative sono un tipo di trattamento direttivo-suggestivo in cui il terapeuta rinuncia alla sua posizione di neutralità, diventando mero esecutore di una richiesta  el paziente,  peraltro indotta da pregiudizi e  moralismi derivati da norme esterne.

Contravvenendo al Codice deontologico degli Psicologi Psicoterapeuti, i terapeuti riparativi hanno degli obiettivi ortopedici:  riparare qualcosa di rotto,  riportare il paziente dentro i confini di un modello pre-stabilito considerato “normale” e desiderabile,  in primis da loro stessi, dalla persona che chiede aiuto, dal contesto sociale e culturale più ampio.

PSICOTERAPIA SUPPORTIVA

Il conflitto interno del paziente non si elabora alleandosi con una sua parte:  quella che disprezza  le proprie pulsioni omosessuali e che vorrebbe cancellarle. Il terapeuta supportivo,  qualsiasi sia l’orientamento sessuale della persona,   non può ridursi a essere un tecnico che cambia i comportamenti, ma accompagna il paziente nell’esplorazione di tutte le sue parti interne dando  loro voce e significato. Analizza insieme a lui o lei   emozioni,  dubbi  e prospettive che scaturiscono dal dialogo  terapeutico.                                                                    

Senza necessariamente pensare che le risposte debbano essere certe, chiare, definitive, ma anzi tollerando inevitabili gradi di frustrazione, incertezza, confusione. In questo modo la psicoterapia, invece che riparativa, è   a tutti gli effetti  affermativa ed evolutiva.   

Attraverso un percorso di Psicoterapia Supportiva (o di sostegno) è possibile  affrontare tutte le tematiche inerenti la  condizione di gay, lesbica ed LGBT. Ad esempio chiarire  dubbi in merito al proprio orientamento sessuale, approfondire conflitti e dinamiche intrapsichiche, essere aiutati nella gestione delle problematiche di coppia e  relazioni interpersonali  (prima e dopo l’outing) con i genitori o con i figli, a scuola e sul posto di  lavoro,   così come altre eventuali aree di disagio e di sofferenza .

FISSA UN APPUNTAMENTO PRESSO LA SEDE DI MONZA

Per coloro che desiderano un aiuto psicologico per vivere con maggior serenità e gioia la propria condizione di  LGBT possono contattare la dott.ssa Loredana Tromboni, psicologa e psicoterapeuta a Monza e Desio . E’ possibile chiamare il numero di telefono 347 33 011 28 oppure mandare una mail all’indirizzo loredana.tromboni1@gmail.com per prenotare un primo colloquio psicologico.

E’ possibile inoltre consultare la pagina dei contatti del sito per avere ulteriori informazioni e delucidazioni sulla modalità di contatto della dott.ssa Loredana Tromboni.